Partiamo dall’antefatto. La tennista Jasmine Paolini approda alla finale del torneo di Wimbledon. Un risultato storico che la Gazzetta dello Sport presenta con il titolo di “Bellissima”. Partono, quasi immediate, le polemiche per un aggettivo considerato sessista. Insomma, per Jannik Sinner un simile appellativo non è stato utilizzato, mentre per una donna sì.
Ora, lo sapete, noi siamo una società sportiva schierata da una parte, quella delle donne e dello sport al femminile. Confessiamo anche che, in qualche circostanza, abbiamo utilizzato anche noi il termine “bellissime” per esaltare le nostre atlete. Era un aggettivo non certo utilizzato per esaltare la beltà fisica delle nostre ragazze (diciamocelo, giovani atleti femmine o maschi che siano, rientrano, quasi per antonomasia, nella categoria estetica dei “bellissimi”). Quando abbiamo parlato di “bellissime” ci riferivamo agli sguardi, alla grinta, alla determinazione, allo spirito di gruppo, alle capacità tecniche ed atletiche, a quei valori tipici del nostro sport e che ci rendono orgogliosi delle “nostre” ragazze, non certo per un mero giudizio estetico. Siamo sicuri che questo emergesse ben chiaro dal contesto.


Fatte queste premesse, ancora una volta, ci accorgiamo di quante difficoltà ed ostacoli lo sport femminile dovrà superare per essere preso sul serio. Il problema, a nostro avviso non è tanto in quel titolo “Bellissima”. Il problema è ben altro ed è quello di cui nessuno vuole mai parlare.  Se vogliamo criticare la “Gazzetta dello Sport” o qualsiasi altro quotidiano, rivista o servizio televisivo dovremmo farlo per lo spazio minimo e marginale che viene quasi sempre riservato allo sport femminile rispetto a quello maschile. Lo sport femminile merita l’ovvio: la metà degli spazi. Semplice, no?


Andiamo oltre? Perché le aziende non sostengono in uguale misura lo sport femminile e maschile? Il paradosso è che perfino le aziende che propongono servizi e prodotti destinati al pubblico femminile preferiscono sponsorizzare discipline maschili. Un chiaro segnale di scarsa attenzione alla propria stessa clientela.  


Forse sarebbe ora che le donne e chi crede in loro, lanciassero una campagna contro una società in cui ancora molto spesso sono solo maschi a controllare le stanze dei bottoni. Un boicottaggio contro le aziende insensibili alla loro stessa clientela, un boicottaggio contro i mass media che relegano lo sport femminile negli angoli marginali.

 

Una campagna che non dovrebbe essere strumento di valutazione estetica o di body shaming. Una campagna che però potremmo intitolare “BRUTTISSIMI”.  Dove “bruttissimi” sono gli atteggiamenti di tanti uomini che pensano ancora di poter relegare le donne ai margini; “bruttissimi” gli atteggiamenti della politica che dello sport femminile comincia ad occuparsi solo dopo aver risolto tutti i temi del calcio maschile; “bruttissimi” i ragionamenti di chi vuole fare intendere che il problema sia solo il titolo di un giornale. Meno parole politicamente corrette, molta più sostanza, per cortesia!  Ma chi è con noi in questa azione contro i “BRUTTISSIMI”?

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